Salviamo i semi della vita, Pierre Rabhi

“Produrre e consumare fino alla fine della nostra esistenza non è la vera vocazione dell’Uomo, che invece dovrebbe amare, ammirare e prendersi cura della vita sotto tutte le sue forme”.

Il mondo vegetale rivela la stessa complessità degli altri regni. Che la vita vegetale sia intimamente legata al suolo è evidente é una verità per tutti. Per l’agroecologia, questa connessione va ben al di là di un fenomeno elementare. La esprime il linguaggio silenzioso della terra. Dai piccoli licheni alle sequoie, il popolo vegetale é infinito: per forma, dimensione, funzioni, sostanze, colore, fioritura, fruttificazione … infinitamente diversificato.

A seconda della latitudine e del clima, questo vello di giada ricopre una parte molto importante della superficie terrestre. Anche i deserti più caldi e torridi e quelli più freddi contengono delle piante le cui abilità di adattamento sembrano rivelare una sorta di intelligenza straordinaria che utilizza dei veri e propri stratagemmi per sopravvivere, delle “tecniche” molto sofisticate per riprodursi, per propagarsi e accrescere il proprio territorio, resistere alle avversità, al caldo al freddo, sfruttare le scarse risorse idriche … etc.

Il dramma della deforestazione da taglio e da fuoco con cui devastiamo le grandi foreste è di una tristezza infinita, perché, oltre alla stupidità e alla cecità che riflettono le nostre azioni, abbiamo perso un numero straordinario di specie che non sono ancora stati inventariati. Ma l’istinto di saccheggiatori sembra prevalere sul più elementare buon senso e la tecnologia decuplica gli effetti negativi delle nostre azioni. Quindi preservare la biodiversità vegetale è una delle grandi sfide per la nostra stessa sopravvivenza, ma non mi sembra che la coscienza colletiva ne sia allertata ne tra i politici ne tra i cittadini.

Dalla nascita dell’agricoltura, gli esseri umani non hanno mai smesso di usare le piante nel proprio menù,  aumentando costantemente il potenziale alimentare migliorandole e adattandole al loro uso specifico per il cibo, per le medicine, per i vestiti, per costruire le proprie abitazioni, ma anche per assaporarne i sapori, i profumi, i colori, la bellezza e la finezza. Le piante hanno approfittato della mobilità umana e anche di occasionali scontri violenti, per diffondersi, scambiarsi, e adattarsi a nuovi biotopi inizialmente continentali poi intercontinentali. Con la scoperta dell’America, il potenziale é cresciuto in modo spettacolare: patate, pomodori, mais, tabacco … etc. specie per noi ormai familiari e ben integrati nel nostro quotidiano.

Con l’era della tecnoscienza, della produttività, della mercificazione e del profitto finanziario senza limiti, il quadro cambia radicalmente. L’applicazione dei principi industriali nella agricoltura vede solo più la pianta come una fonte di profitto. Il fascino è in qualche modo stato interrotto, sostituito dalla fredda speculazione dei Samurai dell’economia. Inizia così un processo di selezione e di trasformazione, dove l’agricoltore stesso diventa un industriale della terra per produrre materia vivente per le fabbriche della trasformazione che ealizzano un valore aggiunto sulla sua schiena.

A poco a poco, le regole diventano planetarie e coinvolgono tutti i continenti. Inizia così un impoverimento senza precedenti del patrimonio genetico nazionale arricchito per millenni da tutta l’umanità.

Un processo di usurpazione graduale che incomincia con l’accaparramento di questo bene comune chiamato seme, il principio della vita e della sopravvivenza. Poche persone sono veramente consapevoli di questo “hold-up”, dannoso per l’intera umanità perpetuato dalle corporazioni dei profittatori internazionali. Peggio ancora, oggi le corporazioni riescono a dare di se un immagine di benefattori, e forse alcuni ne sono ancora veramente convinti. La confisca dei fondamenti della perennità delle piante, essenziale per la sopravvivenza dell’umanità, darà uno strapotere a coloro che ne possederanno i brevetti. Da questa confisca, si aprono aree di sviluppo speculativo, che attraverso criteri di selezione e di ibridazione non riproducibili, e con il pretesto di migliori prestazioni genetiche per migliorarne la produttività, genereranno dipendenza rafforzando il potere e traducendolo in un vero e proprio monopolio.

L’ultima manifestazione di questo potere che sconvolee il mondo sono gli organismi geneticamente modificati e brevettati. Con gli OGM, si raggiunge la trasgressione definitiva, perché attenta alla logica fondamentale della vita, che protegge un suo ordine una sua consistenza, sostenibilità e integrità.

In tale ottica, la ricerca diventa un alibi molto semplice per permettere agli scienziati, di soggiogare il loro magistero, rendendoli complici di imprese che hanno bisogno di diversificare nuove aree di profitto, che attraverso politici  consenziente e complici o impotenti di giocare a dadi il destino collettivo dell’umanità. Perché noi siamo già ben abituati agli “inconvenienti scientifici” impegnati nel proclamare con certezza la loro sicurezza. Un Apocalisse di natura biologica e malattie prima sconosciute, che colpisce gli animali e gli esseri umani, non sono esclusi.

Per quanto riguarda l’argomento che con gli OGM risolveremo i problemi della fame nel mondo, sappiamo che non solo non regge ad un’analisi obiettiva, ma le conseguenze agronomiche, economiche e sociali sono già una terribile realtà per un numero crescente di piccoli agricoltori del Terzo Mondo, in particolare, spinti fino al suicidio. Gli OGM sono un grande inganno che l’agroecologia non può in nessun caso accettare.

A tutto questo dobbiamo aggiungere una produzione di colture fuori suolo che utilizza una energia combustibile in grandi quantità, solo per produrre varietà fuori stagione. Sistemi artificiali come la coltura idroponica che mantiene il suo processo di crescita al di fuori del contesto naturale di una terra viva a cui deve invece la sua vitalità, la sua qualità nutrizionale e il suo gusto.

I politici che seguono questi grandi problemi, tuttavia, sono ancora individui della società civile che sostengono con forza le loro convinzioni e i loro mezzi limitati. Ci vogliono associazioni che si auto-organizzino per preservare e diffondere attraverso la creazione di piccole serre, una particolare specie in pericolo di estinzione. Attivisti dei semi, specializzati nel proteggere varietà tradizionali riproducibili. Ampliare in modo significativo la varietà delle piante in una sorta di protezione globale dalla produzione di ibridi da parte dei grandi monopoli che arbitrariamente creano regolamenti e restrizioni a favore di prodotti di massa invadonde con cataloghi e mostre con sementi ibride.

Così, mentre i sordidi interessi indottrinano, manipolano e creano il consenso tra la popolazione meno informata ad accettare il loro parere per soddisfare i loro appettiti economici, l’eredità genetica che ha garantito per millenni la sicurezza, l’adattabilità, la riproducibilità, e l’efficienza della nostra alimentazione viene sottoposta ad un’ulteriore prova, mentre scompaiono ogni giorno e in modo irreversibile moltissime specie. Va da sé che l’agroecologia non può iscriversi in questo disastro e deve, invece, in tutti i modi possibili contribuire a fermarlo. La conservazione della biodiversità vegetale è una delle sue priorità.

www.pierrerabhi.org

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